LA FASE ISTRUTTORIA DEL PROGETTO
E’ possibile pensare l’arte contemporanea come strumento euristico ed “attivo” in grado di contribuire alla creazione di una rinnovata coscienza e di un nuovo uso dello spazio pubblico?
Può il progetto culturale innestarsi strutturalmente - anche e soprattutto in una città come Roma - nell’implementazione della recente “materia urbana”, suggerendo allo stesso tempo nuove forme di relazione tra questa e la città consolidata, stratificata, “storica”?
Simili questioni (e relativi corollari) ci hanno spinto ad attivare un gruppo di studio per valutare la praticabilità di un percorso che veda la ricerca artistica e il display curatoriale, confrontarsi e dialogare “sul campo” con le politiche di welfare nel quadro di un progetto di lungo respiro mirato a proporre un modello potenzialmente replicabile (con variabili sempre specifiche e diversificate), di costruzione e ricostruzione dell’immaginario di una comunità urbana.
Per fare questo abbiamo sentito la necessità di avviare una fase “istruttoria” in grado di fornirci gli strumenti adatti ad impostare correttamente il problema.
Da un lato abbiamo quindi iniziato a studiare e ad analizzare tutte quelle esperienze che, tra ‘900 e nuovo millennio, si sono poste un analogo scopo, valutandone gli esiti, i punti di forza, le criticità.
Dall’altro abbiamo sentito l’esigenza di attraversare fisicamente il corpo urbano di Roma, nel tentativo di comprendere cosa, nello specifico del suo spazio e del suo tempo, definisce e sostanzia la dicotomia e la relazione tra centro e periferia. Come è avvenuta - o non è avvenuta - la condensazione di narrazioni condivise e quindi di “menti locali” nel corso della sua evoluzione moderna.
Alla base c’è la convinzione che nessuna risposta culturale o politica - elementi per noi intimamente interconnessi - possa prescindere dalla comprensione di ciò che la storia e la microstoria hanno innescato e innescano nell’uso e nel pensiero pubblico della città.
Capire il più profondamente possibile le dinamiche che il “progetto” produce, osservando come questo viene assecondato, piegato, negato dall’uso, ci è sembrato fosse assolutamente preliminare alla codifica di un qualsiasi possibile intervento nella congerie di complesse e stratificate dinamiche che sottendono questo moto incessante.
Il lavoro che riteniamo più arduo, ma che ci stimola a cercare possibili risposte, è infatti la messa a punto di un dispositivo relazionale multivello che conduca alla produzione e alla problematizzazione di una metodologia elastica e non-colonizzante, in grado di offrire prospettive più integranti - e quindi meno “eventuali” - alla progettazione culturale.
Attraverso il recupero di pratiche e pensieri che hanno fatto della “partecipazione” una della modalità più fertili di riappropriazione e reinvenzione dei modi d’uso e interpretazione dello spazio pubblico, crediamo che, ora più che mai, l’accesso a questo patrimonio e una sua riattualizzazione critica, sia determinante per la costruzione di un modello di città sostenibile.
E questo percorso, a Roma come altrove - ma a Roma più che altrove - non può prescindere dalla risoluzione di due nodi determinanti: una riflessione (relativamente) esaustiva che riattivi la fluidità nella relazione tra preesistenza e contemporaneità e, quindi, lo scioglimento di quei “blocchi” che, de jure e de facto, impediscono un ripensamento del rapporto tra centro e periferia.
La proposta di costruire un itinerario attraverso la storia della periferia romana, nasce dalla necessità di comprendere il senso dello sviluppo urbano e dell'immaginario che intorno ad esso si è nel tempo stratificato. E’ nostra convinzione che gran parte degli atteggiamenti che la società moderna assume nei confronti della periferia (elevata a concetto e come tale congelata, fraintesa e tradita), derivino da un'assente o superficiale conoscenza storica e materiale della sua evoluzione, dei contesti storici, sociali e culturali che l'hanno gradualmente prodotta.
Progettare un intervento nella complessità del corpo urbano, nella parte della sua materia che più si offre multiforme, viva e problematica, non può prescindere da questo studio e dalla sua verificabilità in res. E’ questa l'intuizione che ci ha spinto a costruire un itinerario selettivo quanto filologico nella genesi della Roma moderna dall'epoca post-unitaria ai giorni nostri.
LA DERIVA COME METODOLOGIA ETICA ED ERMENEUTICA
Lo strumento prescelto per sviluppare questa riflessione è stato individuato in quella che abbiamo voluto definire - sulla scia dell’esperienza situazionista - deriva (l'attenzione nella scelta e nell'utilizzo dei termini è per noi una componente metodologica strutturale e sintomatica).
« Per fare una deriva, andate in giro a piedi senza meta od orario. Scegliete man mano il percorso non in base a ciò che sapete, ma in base a ciò che vedete intorno. Dovete essere straniati e guardare ogni cosa come se fosse la prima volta. Un modo per agevolarlo è camminare con passo cadenzato e sguardo leggermente inclinato verso l'alto, in modo da portare al centro del campo visivo l’architettura e lasciare il piano stradale al margine inferiore della vista. Dovete percepire lo spazio come un insieme unitario e lasciarvi attrarre dai particolari. » (Guy Debord).
La deriva, all'opposto dell'esplorazione, è un modo di procedere che punta a stabilire un rapporto di intimo ascolto, alla pari, con lo spazio attraversato, un’attitudine eticamente destrutturante che si priva a priori della possibilità di sovrascrivere la realtà.
Siamo dell’idea che lo spazio urbano - e chi lo vive - non vada colonizzato dal pensiero e dalle azioni, ma attraversato consapevolmente, attentamente letto e riflettuto.
Le nostre derive sono quindi allo stesso tempo esperienza di ascolto dello spazio e momento di analisi e riflessione peripatetica sulle stesse modalità relazionali (e sentimentali) che ci legano ad esso.
Il frutto di questo procedere, lungi dal considerarsi esaustivo, rappresenta da un lato una risorsa attraverso cui il gruppo riflette e formula le sue proposte di intervento e ulteriore approfondimento, dall’altro, uno strumento di “messa in crisi” della percezione del sé e dell’altro da sé.
CRITERI DI SELEZIONE E ORGANIZZAZIONE DEI "CASI STUDIO"
Il criterio di selezione dei “quartieri tipo” oggetto delle derive, è eminentemente storico.
All’interno di questo principio, abbiamo organizzato la sequenza in modo da poter generare una dialettica serrata e significante tra dimensione sincronica e dimensione diacronica.
Gli esempi selezionati rappresentano quindi (nei limiti) gli episodi più esaustivi dello zeitgeist (politico, economico, culturale) che li ha generati e più densi di implicazioni dal punto di vista storico-sociale, funzionale e formale (dimensione sincronica).
La decisione di effettuare questa serie di uscite con una cadenza settimanale (tra marzo e giugno 2007), ha d’altro canto innescato un processo “filmico” che ha messo in risonanza questi singoli brani di spazio urbano, producendo un surplus di senso e di esperienza in grado di arricchire e complicare, in itinere, l’osservazione e la riflessione (dimensione diacronica).
Alla base di questa scelta c’è l’intenzione, sin dai primi passi di una ricerca che non si vuole esaustiva ma problematica, di affrontare il rapporto centro-periferia partendo dal presupposto che è necessario pensare la periferia urbana non come una alterità opponente e minacciante l’integrità del “centro”, ma come una sua fase evolutiva e consustanziale - come un laboratorio magmatico - attraverso cui la città struttura progressivamente (attraverso modalità formali ed informali) la propria dislocazione sul territorio e la propria sopravvivenza in quanto organismo.
Leggere in termini “periferici” brani del territorio urbano che i tempi, gli usi e gli immaginari hanno materialmente e simbolicamente assimilato e reso “centrali”, è guardare alla relazione tra queste due apparenti polarità in termini “stadiali” anziché “assiali”.
Ribaltando questa prospettiva si aprono orizzonti ermeneutici ed epistemologici in grado, forse, di fluidificare le politiche di welfare e gestione del territorio, di farne vettori capaci di intrecciare e mettere a sistema livelli sin ora pericolosamente incomunicabili, quali quello sociale, urbanistico, economico e culturale. Minata la struttura binaria e gerarchica del rapporto centro-periferia, si è così in grado di porre l'accento sulla multidimensionalità della storia stessa, sottoponendone a critica fondamenti e rappresentazioni e rivalutando l'agency e il protagonismo di soggetti dei quali si sono, finora, ignorate le voci.
I "CASI STUDIO" - MODE D'EMPLOI
Attraversando fisicamente questi brani di città, abbiamo tentato di affrontarne la stratificazione e la stratigrafia, focalizzando l’analisi intorno a due ordini di questioni:
In che modo si generano, nel dispiegarsi spaziale e temporale (per via di “progetto” o per via “naturale”), i rapporti e le codificazioni che fanno di un quartiere una parte viva e “integrante” del corpo urbano o una sua scheggia impazzita, un nucleo connotato e connotante o un ghetto?
In che modo nasce e si sviluppa il processo di significazione o risignificazione che contribuisce alla costruzione di un’identità condivisa (non importa di che segno) e riconosciuta come “luogo comune” della e nella città?
A questa componente più strutturata della discussione si sono però aggiunte, di volta in volta, riflessioni scaturite dallo spazio percorso, che hanno gradualmente (e forse imponderabilmente) “cucito” i singoli retroterra culturali ed esperienziali affluenti al gruppo, arricchendo e sostanziando la sua originaria ipotesi di lavoro.
Per non fare di questa pratica dello spazio una forma più sofisticata (marziana) di “turismo” e per dare più rilevanza alla componente orale-memoriale, abbiamo deciso a priori di non raccogliere alcuna forma di documentazione (audio, foto, video) dell’esperienza.
DERIVA 01 > RICADUTE DELLA PIANIFICAZIONE 1873 - 1883
la nascita dell'ICP testaccio, san saba
DERIVA 02 > PIANO SANJUST 1909 - VARIANTE
interventi ICP e INCIS piazza verbano, garbatella
DERIVA 03 > LE BORGATE UFFUCIALI PRIMA, DURANTE E DOPO GLI SVENTRAMENTI
primavalle, quarticciolo, trullo
DERIVA 04 > LA RICOSTRUZIONE - PIANI UNRRA CASAS E INA CASA
s. basilio, tiburtino, tuscolano (I, II, III)
DERIVA 05 > IL BOOM ECONOMICO TRA PIANIFICAZIONE E LOTTIZAZIONE
villaggio olimpico, decima, casal palocco
DERIVA 06 > L'INFLUENZA DEL PIANO 1962 - I PEEP (LEGGE 167)
vigne nuove, tor sapienza, spinaceto
DERIVA 07 > BORGATE DI NECESSITA' E DI SPECULAZIONE
tor de cenci, vitinia, casalotti
DERIVA 08 > LA PERIFERIA COME "OASI" POSTMODERNA
olgiata
DERIVA 09 > II PEEP
tor bella monaca
DERIVA 10 > IL NUOVO MODELLO "QUARTIERE/CENTRO COMMERCIALE"
”parco leonardo”, il quartiere “ikea” (anagnina)
LA STORIA COME STRUMENTO OPERATIVO DEL PROGETTO
La progettazione, la costruzione e la pratica della sequenza di derive, hanno confermato in noi la convinzione che la storia di un luogo, la sua genesi urbanistica e architettonica, le sue trasformazioni, il racconto (il ricordo) dei suoi vissuti, i metatesti che su di esso, eventualmente, vengono nel tempo prodotti, è e può essere un potente fattore nella costruzione o ricostruzione di un immaginario condiviso o condivisibile, da parte di chi lo abita e di chi lo vive.
In quest’ottica il gruppo di studio ha deciso di servirsi della storia e delle storie non solo come mero e freddo strumento istruttorio, ma anche e soprattutto come possibile terreno di incontro e di scambio, come un vettore in grado di rendere disponibile e permeabile, nel farsi del lavoro, il patrimonio memoriale e identitario dei singoli e delle collettività.
Le derive stesse, come altre forme più o meno “mediate” di pratica spazio-temporale (compresa la materia fotografica, cinematografica, orale, scritta), entreranno quindi a far parte integrante del workflow che i singoli progetti potranno sviluppare.
Se a Roma il concetto (gerarchizzato e gerarchizzante) di storia assume dimensioni immani quanto inibenti (andando concettualmente contro lo stesso “palinsensto” su cui ha costruito il suo splendore), crediamo che il modo migliore per sciogliere questo nodo, sia offrire un contributo capace di dimostrare che solo una sua visione dialettica e viva può salvare il centro dalla musealizzazione e la periferia dall’espiazione di un mancato (o mai perseguito) compimento.
:::
DALLE POETICHE ALLE PRATICHE
Attraverso la presentazione di alcuni progetti italiani ed esteri, inauguriamo il vero e proprio spirito di questo blog, che non vuole essere la vetrina autoreferenziale di un unico percorso (il nostro), peraltro appena iniziato e ancora in parte inespresso, ma un autentico osservatorio/laboratorio sulle poetiche e sulle pratiche dispiegate dalla ricerca artistica contemporanea in campo sociale.
Pensiamo questo blog come una piattaforma attiva di discussione e di rilancio della partecipazione e dell'analisi multidisciplinare della complessità urbana intese come forme "ritrovate" dell'etica e dell'ermeneutica artistica, convinti che in questo modo si possa offrire un contributo concreto e democratico alla disseminazione, alla "complicazione" e al radicamento di simili, nuove esperienze.
:::